La Puglia è una regione dalle infinite specialità culinarie. Se avessi una casa in questa terra, ricca di storia e cultura, vi inviterei sicuramente a pranzo. Come primo cucinerei le immancabili orecchiette, con le cime di rapa, insaporite dal buon olio locale, particolarmente deciso. Nei calici verserei il Primitivo di Manduria o il Negramaro. Per continuare il pasto, però, servirebbe un secondo piatto naturale e gustoso, magari a base di carne. Che ne dite di un buon salume? Se vi piace la mia idea, allora vorrei presentarvi il prosciutto di Faeto.
Questa nicchia gastronomica proviene della parte settentrionale di una regione che si estende per oltre 350 chilometri. Faeto è infatti un paese di poche centinaia di abitanti situato sui monti del Sub Appennino Dauno, in provincia di Foggia. Il nome della località deriva da “faggio” perché quella zona era storicamente ricca di boschi (non a caso nello stemma comunale è raffigurato proprio un albero).
In una terra protetta dai monti e caratterizzata da un ambiente distintivo si sviluppò e diffuse, parecchi anni fa, la produzione artigianale del locale prosciutto crudo stagionato. Oggi, oltre a qualche anziano contadino, questa tradizione è portata avanti solo da pochissimi salumifici di piccole dimensioni (ognuno dei quali produce annualmente circa 25.000 cosce).
Spesso sono i prodotti semplici quelli più apprezzati dal nostro palato. Per produrre il prosciutto di Faeto, infatti, non occorre altro che carne suina e sale marino. Cosa lo rende dunque così speciale? Per prima cosa, la selezione delle carni. Si scelgono esclusivamente suini nati, allevati e macellati in Italia. Le cosce posteriori sono salate a secco manualmente, rifilate da operai specializzati, ristuccate finemente con sugna naturale.
La fase di stagionatura cui il semilavorato viene sottoposto si prolunga, dalla data di prima salatura, per almeno 12-14 mesi (almeno un mese per ogni chilogrammo di carne fresca); tendenzialmente gli ultimi due mesi vengono trascorsi in locali non climatizzati, situati ad un’altitudine ideale per godere del microclima della zona (oltre 700 metri sopra il livello del mare). Le stanze destinate alle ultime settimane/mesi di riposo sono realizzate in muratura, senza impianti artificiali; sono adibite con rastrelliere e supporti di legno e di metallo che riescono a sostenere le pesanti cosce durante la fase decisiva della maturazione.
Terminato questo lungo rituale, il prosciutto è disponibile sul mercato. Esiste la classica versione con osso (dal peso superiore ai kg 8,5 e in grado di arrivare anche a kg 11) e anche la versione disossata (con pezzatura kg 7,5-8 circa, comunque non inferiore a kg 7 alla conclusione del periodo minimo di stagionatura).
Il prosciutto di Faeto è riconoscibile per tante piccole caratteristiche distintive. In primis, la sua forma è tondeggiante, “a pera” o “a coscia di pollo”, con esclusione dello zampo (parte distale); la faccia frontale vede un’ampia zona scoperta che si estende verticalmente fino ad oltre la metà dell’altezza della coscia (questa caratteristica viene definita “rifilatura alta”). Al tatto, la consistenza della carne risulta compatta: la fetta si dimostra elastica e soda, nonché dotata di ottima tenuta. Al taglio se ne apprezza il colore tendenzialmente rosso mattone, inframmezzato dal bianco rosato del grasso di marezzatura. Il prosciutto sprigiona un profumo delicatamente marcato, gradevole, dolce e al contempo intenso anche nella fase di spillatura (eseguita, come “da copione”, con l’osso di stinco di cavallo).
Eccoci al momento fatidico, quello che tutti aspettiamo, l’assaggio: in bocca si esalta il gusto naturale, saporito, ma non salato; la masticazione risulta piacevole grazie alla morbidezza delle fibre muscolari. È ideale come secondo piatto, accompagnato con valeriana e radicchio conditi da un filo di aceto, oppure come protagonista di una bruschetta realizzata col pane di Altamura. Si potrebbe azzardare un abbinamento con il localissimo Ortanova rosè, vino che solitamente si beve insieme a piatti a base di carni (sia meno saporite, sia più piccanti).
Se la voglia di gustare questa specialità si concilia con una vacanza in Puglia nel periodo di agosto, sappiate che, da oltre 50 anni, proprio nel paese di Faeto si svolge un’importante sagra del salume locale. Per l’occasione potreste concedervi una bella gita fra paesaggi rigogliosi, dominati da colori suggestivi e caratterizzati da tradizioni e costumi di altri tempi. In queste terre, infatti, alcuni parlano ancora il franco-provenzale, lingua di origini medievali.
La sagra ribadisce il fatto che è proprio il fortissimo legame fra la terra d’origine e l’antica produzione di salumi a rendere speciale il prosciutto di Faeto. Tanto speciale da essere già registrato nella lista dei prodotti tradizionali della Regione Puglia riconosciuti ai sensi del DM n. 350 del 08-09-1999 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
L’andamento meteorologico e le particolari condizioni ambientali ed ecologiche della zona incidono infatti ancora oggi sulle peculiarità degli alimenti: il vento del sud (la bora — o Wàjrie in franco-provenzale — e il maestrale, chiamato Scorciacràpe nel dialetto locale), quando attraversa i boschi di cerri e faggi, si colma dei profumi tipici della montagna e ne esce incontrando l’umidità generata dai fiumi (Celone, Cervaro, Fortore): ecco la genesi di quel microclima particolare, così utile per la stagionatura del prosciutto di Faeto. La pazienza e la bravura dei mastri salumieri completano ciò che la natura ha reso squisito.
L’invito a pranzo rimane valido. Intanto, nell’attesa della sagra, spero abbiate apprezzato queste pagine dove abbiamo descritto il presutt’ de Fait’ (come si dice da quelle parti).
Giorgio Montanari
Associazione per la valorizzazione del Prosciutto di Faeto
c/o Confcommercio Imprese per l’Italia – Provincia di Foggia
Via L. Miranda 10 – 71122 Foggia
Telefono: 0881 560210
E-mail: export@confcommerciofoggia.it
Web: www.prosciuttofaeto.com
(Per gentile concessione della rivista “Premiata Salumeria Italiana“.
Questo mio articolo fu pubblicato su questa rivista a pagina 62 del fascicolo numero 3, anno 2014.
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