“Tempo al Tempo” è il secondo libro di poesie di Bruno Mohorovich.
L’impressione che ho avuto è stata di sfogliare un romanzo invece che una raccolta di singole poesie. La sensazione è data da due fattori. Il primo è puramente stilistico: nessuna poesia ha un titolo; tutti gli scritti, inoltre, sono editati con una grafica particolare che “sbilancia” la vista verso la fine del verso. Per quanto riguarda i contenuti (secondo fattore), il filo conduttore della silloge è il trascorrere del tempo; spesso la protagonista dei componimenti è una persona in bilico fra le situazioni ed i sentimenti, fra le paure e le gioie. A livello stilistico l’Autore “dipinge” le parole abbinando sistematicamente i sostantivi agli aggettivi: in questo modo il Lettore attento coglie la stessa immagine vissuta da chi la ha descritta («Ho dentro il cuore l’inverno/gelate foglie sparse/ricoprono l’anima»).
Le opere sono rimaste “chiuse” nella mente di Mohorovich per tanto tempo poi sono fluite quasi da sole, «come una “liberazione”». Tutto nacque da un particolare verso («Recito triste i miei rimorsi/inginocchiato al cielo in ascolto») da cui, come un mare in tempesta, si sono concatenate le altre sequenze.
“Tempo al Tempo” (2017) segue di due anni la pubblicazione dell’esordio “Storia d’Amore – Una Fantasia” (entrambi i libri sono prodotti dalla Bertoni Editore).
Come nel primo disco dei Doors, questo libro termina con quello che ritengo personalmente essere il miglior componimento: si tratta di una poesia particolarmente sofferta ed intensa (Mohorovich ci ha confidato: «la scrivevo e piangevo») che, però, può vantare il secondo premio al Concorso Internazionale di Poesia Sacra “Santa Chiara da Montefalco”.
(© La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo effettuata, non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell’Autore – vedasi pagina “Contatti”.)