Un tempo, dopo l’uccisione del maiale, si preparavano i salumi assecondando il ciclo naturale delle stagioni: i primi ad essere pronti erano i salami (maturi nel giro di poche settimane), poi ci si concentrava sui prosciutti, che invece abbisognavano di parecchi mesi di cantina. Lavorazione dopo lavorazione si esaurivano tutti i tagli del suino. Restavano però inutilizzate le interiora ed altre parti di scarto. Per recuperare queste carni, che consentivano alla famiglia di battere la fame, i contadini friulani inventarono una ricetta tutt’ora diffusa in alcune zone della regione: la Marcundela.
Questa preparazione vede come protagonisti parti suine quali fegato, milza, reni, polmoni, grassi teneri del ventre e carni sanguinolente. Un tempo la materia prima veniva tagliata a dadi servendosi di un coltello, oggi invece la si macina a grana grossa. Il mix ottenuto viene conciato con aglio, sale, pepe; alcune ricette prevedono l’uso di spezie selezionate (chiodi di garofano, cannella, noce moscata) e di vino. Dall’impasto l’operatore plasma piccole sfere del peso unitario di circa un etto e mezzo/due etti, le avvolge nella membrana naturale del medesimo suino (omento), lasciandole poi riposare per alcune ore su vassoi cosparsi di farina gialla. La farina, di solito utilizzata per la preparazione della polenta, evita che il prodotto si attacchi alla superficie. In assenza dell’omento si può ricorrere all’impiego del budello torto.
Da un maiale si ricavano una ventina di preparazioni: di consistenza tenera, dalla forma tonda irregolare, il prodotto ha un profumo forte e riconoscibile; dal budello si intravede il mix di carni che presenta un colore rosso scuro.
È bene consumare la marcundela, previa cottura, quando ancora è fresca: o appena fatta o al massimo entro una settimana dalla preparazione. Anticamente si conservava in vasi pieni di strutto, oggi invece si ricorre alle moderne celle frigorifere.
Una nota di colore: un tempo i ceti poveri della popolazione friulana, coloro che dovevano resistere un’intera giornata nei campi, erano soliti sfamarsi a colazione proprio con polenta e marcundela: questo piatto, saziante ed energetico, donava loro le energie per le successive estenuanti ore di lavoro.
Oggi, per fortuna, non si è obbligati all’esigenza del consumo a colazione; il prodotto quindi si può preparare o immergendolo in una pentola con del vino rosso, oppure si può friggere in padella spruzzandolo di vino. Idealmente si può anche cuocere in un sugo di pomodoro a mo’ di “gulasch friulano”.
Dal gusto deciso ed intenso (per via di parti amarognole come il fegato), alcuni cuochi raccomandano la marcundela come condimento per la pasta. Gli stomaci più resistenti, invece, possono provare a friggerla nel burro, azzardando un accostamento con frittata di uova.
Restando in regione, si consiglia un abbinamento col Picolit, un vino bianco Docg, fine e gradevole, di colore giallo paglierino. Il vitigno autoctono cresce solo in alcune zone della provincia udinese.
(Per gentile concessione della rivista “Premiata Salumeria Italiana“.
Questo mio articolo fu pubblicato su questa rivista a pagina 42 del fascicolo numero 1, anno 2017.
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